Erbette selvatiche: il tarassaco.
Sono tempi difficili questi. Dove la malattia che sta invadendo tutto il mondo sta mettendo ognuno di noi a dura prova. Però ci ha regalato del tempo e noi lo abbiamo dedicato alla raccolta di molte erbette spontanee che popolano i nostri bellissimi colli euganei.
Oggi vi parliamo del tarassaco così popolare e onnipresente, dal piccolo giardino di casa ai vasti campi, in mezzo ai vigneti.
All’inizio non si vede bene, se la terra è stata mossa addirittura bisogna spostare le zolle, ma se scovate dei germogli bianco-giallognoli, coglieteli perché sono eccezionali in insalata. Passate poi alle foglie vere e proprie, mature. Cercatele in terreni con molta vegetazione e dalla terra umida, saranno più morbide. Ed evitate di raccogliere quei cespi che hanno quasi l’ infiorescenza pronta a sbocciare, saranno più amari.
Dei “bottoni”, cioè dei piccoli boccioli se ne possono fare dei sottolio, deliziosi.
Con i fiori se ne può fare uno sciroppo che ricorda perfettamente il miele: fateli bollire per una ventina di minuti con del limone. Lasciate in infusione anche tutta la notte. Scolate e strizzate il tutto e aggiungete lo zucchero, abbondante. Fate bollire fino a farlo ridurre. Mettetelo nei vasetti e provate a fermarvi se ci riuscite!
La parte più bella però viene adesso. Sui nostri social vi abbiamo chiesto come si chiamasse il tarassaco nelle varie zone. E questo ne è il risultato.
Padovano: bruxaoci e/o pisacan. A Borgoricco: rosoine.
Veronese: bruxaoci come qui!
Basso vicentino: castracani.
Bassa mantovana: gramon o ricciotte.
Bologna: ciocapiatti.
Romagna: piscialetto.
Ferrara: pisalet.
Brescia (Val Torbia): hecorie.
Cortina d’Ampezzo: radicio da pra.
Gavi: denti di cane.
Puglia: sivoni.
Calabria: cicoria selvatica.
E poi:
Radicio de can, radicele o preti, radicee, cicori, radicio mato.
Ci siamo arricchiti. Grazie a voi.
Ah, ma come si mangiano? Sbollentati e poi ripassati in padella con l’aglio ovviamente. Più ricchi con pancetta o salsiccia, con la crema di fave o con le uova all’occhio di bue.
Alla prossima!